26 April 2024
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La storia segreta dell’infiltrato dell’FBI Joe Pistone, alias Donnie Brasco

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  • Agosto 31, 2022
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La storia segreta dell’infiltrato dell’FBI Joe Pistone, alias Donnie Brasco

Lo sbirro italo-americano più “tosto” della storia del novecento è di origini siciliane. Questa è la storia del più grande di tutti. Non è finzione, non è un libro e non è un film, anche se poi Hollywood non se l’è fatta scappare, naturalmente.

Video tratto dall’articolo

Da agente dell’FBI sotto copertura, trovò le prove per mandare all’ergastolo 120 mafiosi. Ma trent’anni dopo, deve ancora girare con la scorta. Joe Pistone conserva intatta la sua fibra. Un agente dell’FBI che è riuscito a trasformarsi in un membro della famiglia mafiosa Bonanno di New York per sei anni. Nessuno ci era riuscito prima, nessuno ci è riuscito dopo. La storia di Joe Pistone – o meglio di Donnie Brasco, questo il suo nome da mafioso – diventa leggendaria quando viene raccontata nel film di Mike Newell con Al Pacino e Johnny Depp. Eppure nel film è raccontata solo una piccola parte di quello che Pistone ha costruito su di sé per diventare un mafioso credibile.

La storia segreta dell’infiltrato dell'FBI Joe Pistone alias Donnie Brasco
Joe insieme a membri della mafia

Come ha fatto a entrare

Le polizie oggi raramente infiltrano agenti, ormai usano informatori, cioè criminali che forniscono informazioni su attività illecite, o hanno a disposizione le dichiarazioni dei pentiti. E per quel che ne sappiamo oggi, un poliziotto che sia riuscito a inserirsi in un’organizzazione mafiosa e a viverla quotidianamente per così tanto tempo non è mai più accaduto.

Joe Pistone è riuscito a farcela grazie a quelle doti straordinarie che in un infiltrato non possono mancare, prima fra tutte la pazienza. Proprio così. Siamo abituati a pensare al lavoro dell’agente dell’Fbi come a un lavoro d’azione, ma, se si vuole penetrare nel mondo criminale e nei suoi meccanismi, non si può pensare di farlo giocando a sembrare un gangster stretto tra nervi e ambizione. Non appena metti piede in un’organizzazione, o anche solo se ti avvicini a essa, chi ne fa parte vuole sapere tutto di te. Per questo a Joe non bastava avere un nome nuovo con cui presentarsi ai mafiosi, ma gli serviva una nuova vita.

Scena del film con Depp e Al Pacino

“La mafia americana vuole sapere da dove vieni, chi è la tua famiglia, se sei sposato, se sei divorziato, se hai figli…e se racconti una qualsiasi di queste cose dovrai poter presentare qualcuno, dovrai portare una madre, un padre, una moglie, una ex moglie, dei figli. E se racconti che sono morti, ti chiederanno: ‘Dov’è la tomba?’ Allora stabilimmo che ero un orfano, cresciuto in orfanotrofio fino ai quindici anni, che non avevo mai conosciuto i miei genitori e, per quanto io sapessi, che non avevo parenti. E l’orfanotrofio che scegliemmo era uno in particolare che corrispondeva a un’epoca compatibile con la mia età e che era stato distrutto da un incendio, per cui tutti i registri erano ridotti in cenere, quindi non avrei mai potuto andarci per recuperare i documenti. Così, quando finalmente mi infiltrai, raccontai questo, che ero un orfano”.

Essere credibili è la prima cosa. Per questo, oltre a costruirsi una falsa identità, prima di infiltrarsi, bisogna inventarsi quella che all’FBI chiamano “legend”, ossia il curriculum criminale. Donnie decise che sarebbe stato un ladro di gioielli, per varie ragioni: la prima perché tra tutte le professioni criminali non è particolarmente violenta, e questo lo avrebbe aiutato a mantenersi in un territorio più accettabile per un agente dell’FBI; la seconda perché è una professione che si può esercitare anche da soli, senza una banda alle spalle, per cui se si racconta di aver rubato gioielli e diamanti, non bisogna per forza dire con chi lo si è fatto o per chi. Non bisogna “produrre” dei soci o un’organizzazione.

Joe Pistone nel periodo dell’infiltrazione

Periodo dell’infiltrazione

Quando Pistone inizia la sua operazione, siamo nella seconda metà degli anni Settanta. In quel periodo, come lui stesso dice, “per la mafia, la città di New York era il centro dell’universo”. Tutto il crimine negli Stati Uniti dipendeva dalla mafia di New York e Joe ne conosce la struttura centimetro per centimetro. Con una puntualità chirurgica, spiega che ognuna delle cinque famiglie mafiose – Bonanno, Gambino, Genovese, Lucchese, Colombo – controllava un determinato territorio in città dove portava avanti i suoi affari illeciti: gioco d’azzardo, traffico di droga, estorsione, ricettazione, edilizia, smaltimento dei rifiuti… Qualsiasi attività da cui si potesse ricavare anche solo un dollaro per la mafia era un’opportunità.

In quel territorio nessun’altra famiglia poteva entrare per fare affari, era assolutamente vietato. Le famiglie al loro interno erano strutturate gerarchicamente, ricordavano un’entità a metà tra una multinazionale e un corpo militare: al vertice c’era il boss, sotto a cui stava un vicecapo e al cui fianco sedeva un “consigliere”, poi sotto venivano i caporegime e sotto ancora i soldati. Tutti, dopo essere stati affiliati, iniziavano la loro carriera come soldati. E per essere affiliati alla mafia, bisognava avere tre requisiti: essere maschi, bianchi e italiani. Quelli che erano in contatto con l’organizzazione e che facevano affari con essa ma non erano ancora stati affiliati erano chiamati “associati”. Quando Donnie Brasco cominciò a lavorare per la mafia di New York, divenne un associato. Dopo sei anni nell’organizzazione, il suo capo lo propose per l’affiliazione.

Joe con un “trofeo” che gli è stato donato da un museo, immagine tratta dal sito reviewjournal.com

L’operazione di infiltrazione portò ai famosi maxiprocessi di “Mafia Commission” e “Pizza Connection” e alla condanna di oltre duecento uomini della mafia. Stiamo parlando di anni in cui, sia in Italia sia negli Stati Uniti, un pezzo importante dell’opinione pubblica e politica negava l’esistenza della mafia, la considerava qualcosa di folkloristico, non di così economicamente influente. Per questo nel contrasto al crimine organizzato nel mondo esiste un prima Joe Pistone e un dopo Joe Pistone. L’operazione contribuì anche a spezzare il pregiudizio secondo cui tutti gli italiani immigrati negli Stati Uniti fossero mafiosi, perché quest’agente di origini italiane cresciuto nel New Jersey, mettendo a rischio la sua stessa vita, aveva inferto il colpo più grande alla mafia nella storia degli Stati Uniti.

Quando la missione finì, non fu facile per Joe rientrare in famiglia: si sentiva un estraneo, era mancato troppo a lungo dalla quotidianità di quelle figlie che aveva lasciato bambine e ritrovò adolescenti. Aveva perso compleanni, feste di Natale, saggi di danza, diplomi. Come ci era voluto tempo per entrare nella vita di Donnie Brasco, ci volle tempo per tornare in quella di Joe Pistone.

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Erienzo Lancini

Buongiorno, sono Erienzo Lancini. Scrivo per Mysterius.it da quando è nato. Spesso contatto gente per fare video.

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